Pistacia lentiscus
Etimologia
Il nome di questo genere deriva dal greco “pistákion”, assonante con il persiano “pistáh” ricco di farina. Il termine lentìscus invece identificava in latino questa specie.
Il nome di questo genere deriva dal greco “pistákion”, assonante con il persiano “pistáh” ricco di farina. Il termine lentìscus invece identificava in latino questa specie.
Descrizione
Il lentisco che, appartiene alla stessa famiglia del Pistacchio (Pistacia vera), è una pianta con portamento cespuglioso, raramente arboreo, in genere fino a 3-4 metri d’altezza. La chioma è generalmente densa per la fitta ramificazione. L’intera pianta emana un forte odore resinoso. La corteccia è grigio cinerina, il legno di colore roseo. Possiede delle foglie alterne, paripennate, glabre, di colore verde cupo, con 6-10 segmenti ottusi ellittico-lanceolati a margine intero e Il lentisco è una specie dioica, con fiori femminili e fiori maschili separati su piante differenti. I fiori del Lentisco sono disposti all’ascella delle foglie dei rametti dell’anno precedente; i fiori maschili presentano 4-5 stami ed un pistillo rudimentale; sono vistosi per la presenza di stami di colore rosso vivo; i fiori femminili sono di un colore verde con ovario supero; i petali risultano assenti. Il frutto del lentisco è una drupa globosa o lenticolare, di diametro 4-5 mm, carnosa, rossastra, tendente al nero a maturità, contenente un unico seme. La fioritura ha luogo in primavera, da aprile a maggio. I frutti rossi sono ben visibili in piena estate e in autunno e maturano in inverno. |
Distribuzione Geografica ed Habitat
Pistacia lentiscus è una pianta tipica delle coste meridionali atlantiche e mediterranee. È una entità mediterranea in senso stretto e quindi con areale limitato alle coste mediterranee e pertanto all’ area dell’Olivo. E’ un componente della macchia mediterranea sempreverde spesso in associazione con l’olivastro, la fillirea e il mirto; molto adattabile a vari tipi di suolo . Non è una specie colonizzatrice ma può assumere aspetto dominante nelle fasi di degradazione della macchia, in particolare dopo ripetuti incendi. In Italia è diffuso in Liguria, nella penisola e nelle isole. Sul versante adriatico occidentale non si spinge oltre Ancona.
Usi e Tradizioni
Nella medicina tradizionale dei paesi del bacino del Mediterraneo la resina del lentisco (ottenuta incidendo il tronco) è comunemente utilizzata per combattere affezioni dell’apparato digerente e in particolare le ulcere dello stomaco. La sua efficacia ad ogni modo è stata confermata da recenti studi scientifici, in particolare è capace di combattere il batterio Helicobacter pylori. Un modo comunque di effettuare queste cure avviene attraverso la masticazione della resina. È una pratica molto comune in alcune isole della Grecia.
Gli impieghi attuali della resina vanno dalla profumeria all’odontotecnica (come componente di paste per le otturazioni e mastici per le dentiere).
In alcune aree e in alcune lingue questo vegetale viene anche chiamato “albero del mastice”. Infatti viene utilizzato per ricavarne una gomma dal profumo e dal sapore molto aromatico. Vi sono prove che questa venisse già utilizzata nell’antichità come oggi facciamo con il chewing-gum. Infatti effettuando incisioni sul tronco e sui rami si ottiene una resina che si rapprende all’aria (mastice); essa ha un odore caratteristico e viene chiamato mastice di Chio. Il mastice, se masticato, diventa una pasta malleabile che aderisce ai denti e, grazie alla sua azione antinfiammatoria e antisettica, combatte la gengivite, la piorrea e profuma l’alito.
In Chio, che è il luogo di produzione della resina di maggior pregio, è prodotto un liquore aromatico derivato dalla resina, con funzioni digestive, molto apprezzato, il Mastika. In Sardegna, la resina viene usata nella produzione di un gin locale, il Giniu.
Viene richiesta inoltre dall’industria dolciaria e da quella della cosmetica.
Il legno di lentisco ha un colore che va dal rosa all’ocra con bellissie venature gialle. Viene utilizzato per la realizzazione di piccole sculture lignee e anche per l’ebanisteria.
L’olio che si estrae dai suoi frutti ha un colore giallo e un profumo molto intenso. È utilizzato a scopo terapeutico e come olio essenziale per massaggi. Alcune sue proprietà decongestionanti nei confronti del sistema linfatico sono universalmente riconosciute.
I più recenti studi scientifici di fitoterapia hanno confermato la bontà di questo prodotto, che grande successo aveva ottenuto nella medicina popolare. Ricco di acidi grassi essenziali, per le sue ottime proprietà può esser efficacemente impiegato come antinfiammatorio, antisettico, cicatrizzante, idratante e nutriente, tanto che in tempi recenti sia la dermatologia che l’industria cosmetica e quella alimentare paiono averlo riscoperto.
Il lentisco è una specie che in passato ha avuto una larga utilizzazione per molteplici scopi; oggi i suoi usi sono più limitati.
Il lentisco ha notevole importanza ecologica per la rapidità con cui ripristina un buon grado di copertura vegetale del suolo denudato. È infatti considerata una specie miglioratrice nel terreno. Il terriccio presente sotto i cespugli di questa specie è considerato un buon substrato per il giardinaggio. Per la sua rusticità è tra le più adatte all’impiego nella riqualificazione ambientale e per l’arredo verde di zone marginali o difficili, quali quelle in forte pendio e altamente rocciose.
I teneri germogli, freschi e poco tannici, sono appetiti dai ruminanti selvatici.
Il lentisco si presta per essere impiegato come componente di giardini mediterranei e giardini rocciosi. Poiché resiste bene alle potature drastiche è adatto anche per la costituzione di siepi geometriche; la ramificazione fitta e le ridotte dimensioni delle foglioline si prestano bene a questo scopo.
Tra le specie spontanee, questa pianta è la più richiesta dal mercato floricolo per le sue fronde verdi recise che, per la delicatezza del fogliame, sono particolarmente idonee alla costituzione di composizioni floreali miste; tale massiccio uso con tagli indiscriminati sta causando seri danni in Albania, in Tunisia ma anche in sud Italia. Per ovviare a tale distruzione dell’habitat si è cominciato timidamente a coltivarlo.
L’olio essenziale prodotto dai frutti è un ottimo tonificante e rinfrescante da aggiungere all’acqua del bagno. Può essere usato anche per profumare l’aria in casa. La resina essiccata può essere utilizzata per profumare gli armadi e tenere lontano gli insetti. Ha anche impieghi in ambito artistico: disciolto in essenza di trementina fornisce un’ottima vernice finale per i dipinti a tempera e ad olio soprattutto per restauri neutri su dipinti antichi.
In passato i frutti venivano sottoposti a bollitura e a spremitura per estrarre un olio impiegato come combustibile per l’illuminazione e come succedaneo dell’olio d’oliva per l’alimentazione, soprattutto nei periodi di carestia o in caso di scarso raccolto dagli olivi e dagli olivastri.
Anticamente le bacche erano usate per aromatizzare le carni e venivano usate in insalata insieme con altre erbe di prato o come mangime per gli uccelli.
Il mastice viene utilizzato, nel Mediterraneo Orientale, oltre che come sostanza da masticare, come aromatizzante di bevande (es. vino), di gelati, di liquori.
Nell’alimentazione animale, il panello residuo dall’estrazione dell’olio è utilizzabile tale e quale come mangime, soprattutto per i suini, ed ha buone caratteristiche dietetiche.
Sin dall’antichità (Dioscoride, Ippocrate, Galeno, Plinio) erano apprezzate le sue molteplici proprietà. Plinio il Vecchio nella sua “Storia naturale”, suggerisce di utilizzare l’olio ricavato dai frutti e mescolato a cera per medicare le escoriazioni e le foglie fresche per le infiammazioni del cavo orale.
In Grecia la pianta era consacrata a Dictymna, una ninfa di Artemide che amava adornarsene; poiché analogo uso ne facevano le vergini elleniche, nel tempo questa pianta è rimasta legata ai simboli di purezza e verginità.
Nella tradizione sarda, specialmente nelle aree agro-pastorali, era abitudine frequente quella di preparare impacchi di foglie per sanare le ferite e deodorare i piedi, tanto che le foglie più giovani e tenere venivano poste all’interno delle scarpe per profumare e impedire l’eccesso di sudorazione.
Il Lentisco, assieme al Mirto (Mirtus communis) era alla base del commercio delle Mortelle. Nel vastese veniva ampiamente raccolto per essere venduto ai commercianti Veneziani che lo utilizzavano soprattutto per conciare le pelli. Dal porto di Vasto venivano imbarcati grossi quantitativi di mirto e lentisco, raccolti anche nell’entroterra vastese (Lentella, Fresagrandinaria e altre località).
Pur avendo perso gran parte della sua antica importanza, il lentisco è una specie che ha ancora una larga utilizzazione per molteplici scopi e che andrebbe pertanto reintrodotta per le sue incredibili proprietà e caratteristiche.
In Sardegna l’olio di lentisco (oll’e stincu) è stato fino al XX secolo il grasso alimentare vegetale più consumato dopo l’olio d’oliva e dell’olio di olivastro. L’olio d’oliva di una certa qualità era infatti destinato alle mense dei ricchi e per le occasioni particolari, mentre gran parte dell’olio prodotto, essendo di scarsa qualità, era utilizzato prevalentemente per alimentare le lampade. L’olio di lentisco era forse apprezzato per le sue spiccate proprietà aromatiche, di gran lunga superiori a quelle dell’olio lampante, ma in ogni modo si trattava di un alimento destinato alle mense dei poveri, a cui si faceva largo ricorso in periodi di carestia e in occasioni di scarso raccolto dagli olivi e dagli olivastri.
La tradizione dell’olio di lentisco come grasso alimentare si è persa nella metà del XX secolo, allorché nel Secondo Dopoguerra si è avuta una maggiore diffusione prima dell’olio d’oliva, poi degli oli di semi. venato. In passato veniva usato per produrre carbone vegetale e ancora oggi è apprezzato per alimentare i forni a legna Si tratta di un olio con una resa bassa (8-13%), conseguentemente relativamente costoso, con una distribuzione di acidi grassi ( 50-60% acido oleico, 20-30% acido palmitico, 10-25% acido linoleico molto simile a quella di decine di piante oleaginose con resa molto più alta. In seguito, l’olio di lentisco ha avuto rare utilizzazioni sporadiche come prodotto di nicchia o per scopi folcloristici.
Il Lentisco, assieme al Mirto (Mirtus communis) era alla base del commercio delle Mortelle. Nel vastese veniva ampiamente raccolto per essere venduto ai commercianti Veneziani che lo utilizzavano soprattutto per conciare le pelli. Dal porto di Vasto venivano imbarcati grossi quantitativi di mirto e lentisco, raccolti anche nell’entroterra vastese (Lentella, Fresagrandinaria e altre località).
Pur avendo perso gran parte della sua antica importanza, il lentisco è una specie che ha ancora una larga utilizzazione per molteplici scopi e che andrebbe pertanto reintrodotta per le sue incredibili proprietà e caratteristiche.
In Sardegna l’olio di lentisco (oll’e stincu) è stato fino al XX secolo il grasso alimentare vegetale più consumato dopo l’olio d’oliva e dell’olio di olivastro. L’olio d’oliva di una certa qualità era infatti destinato alle mense dei ricchi e per le occasioni particolari, mentre gran parte dell’olio prodotto, essendo di scarsa qualità, era utilizzato prevalentemente per alimentare le lampade. L’olio di lentisco era forse apprezzato per le sue spiccate proprietà aromatiche, di gran lunga superiori a quelle dell’olio lampante, ma in ogni modo si trattava di un alimento destinato alle mense dei poveri, a cui si faceva largo ricorso in periodi di carestia e in occasioni di scarso raccolto dagli olivi e dagli olivastri.
La tradizione dell’olio di lentisco come grasso alimentare si è persa nella metà del XX secolo, allorché nel Secondo Dopoguerra si è avuta una maggiore diffusione prima dell’olio d’oliva, poi degli oli di semi. venato. In passato veniva usato per produrre carbone vegetale e ancora oggi è apprezzato per alimentare i forni a legna Si tratta di un olio con una resa bassa (8-13%), conseguentemente relativamente costoso, con una distribuzione di acidi grassi ( 50-60% acido oleico, 20-30% acido palmitico, 10-25% acido linoleico molto simile a quella di decine di piante oleaginose con resa molto più alta. In seguito, l’olio di lentisco ha avuto rare utilizzazioni sporadiche come prodotto di nicchia o per scopi folcloristici.